16 settembre 2008

[Qui Milano Libera] Contestazione a Walter Veltroni

2 Comments:

Anonymous Anonimo said...

DAL SITO DI PIERO RICCA:

Squadra che perde non si cambia.
Walter Veltroni ha perso le elezioni, ma non si dimette. Resta in carica, protetto dall’eterno applauso dei militanti. Gli stessi che lo applaudivano - lo ricordo come se fosse oggi - nell’estate del 2000, da segretario dei Ds. Qualche mese dopo, alla vigilia della battaglia decisiva (e disperata) contro Berlusconi, lasciò l’incarico per candidarsi a sindaco di Roma. Incarico che avrebbe douto concludere la sua carriera politica, data la promessa di dedicarsi alla fame nel mondo. Ma alla fine in Africa ci andrà Prodi.

Nella sua adorata America chi perde le elezioni va a casa. In Italia è diverso: se perdi resti, dici che da un certo punto di vista hai vinto o che hai creato le condizioni per vincere la prossima volta.
L’altra sera alla “festa democratica” di Milano l’ospite d’onore era Veltroni e c’eravamo anche noi. L’intenzione era quella di interpellarlo con calma, qualche domanda davanti alla videocamera. Ma Veltroni è inavvicinabile. Ce n’eravamo già accorti in campagna elettorale, quando in tre occasioni si era negato affrettando il passo. E allora siamo stati costretti a dire la nostra con il vecchio metodo dell’urlo a scena aperta, al costo di attirarci la rabbia e gli insulti della platea venuta lì solo per battere le mani. Applaudono sempre, i militanti. Si fanno intortare che è una bellezza. Bevono tutto per il bisogno di credere in qualcosa. Prima del comizio, trovandomi vicino a una signora che lo acclamava, ho provato a rivolgere a Veltroni una domanda sul conflitto di interessi di Colaninno. Nessuna risposta, il leader democratico e sconfitto si è dileguato in un batter d’occhio. Sicché, a comizio iniziato, l’amico Andrej gli ha rinfacciato la “dialogica” mollezza verso il grande corruttore. Colpa imperdonabile. Sommerso dalle invettive dei tifosi, Andrej è stato allontanato a forza dagli uomini del servizio d’ordine. E insieme a Diego e Luca si è preso la sua manesca lezione di buona creanza. Sul collo di Luca restano i segni più evidenti.
Dall’altro lato della sala ho invitato Veltroni a dimettersi. La platea si è inferocita. Guai a mettere in discussione l’amato leader dialogico e perdente.

Il buon Veltroni a questo punto ha rassicurato i militanti con la solita tiritera di falsi argomenti e luoghi comuni. Ha detto che chi perde è giusto che resti per preparare la futura vittoria. Ha definito un successo l’esito elettorale del PD, visto che i “riformisti” mai avevano ottenuto tanti voti. Ha messo a confronto i voti del 13 aprile 2008 con quelli delle amministrative in provincia di Milano. Ha detto che in fondo il centrosinistra non ha mai davvero vinto le elezioni (come se la risicata vittoria del 2006, partendo da un vantaggio nei sondaggi di oltre venti punti percentuali contro un avversario alle corde, non fosse in sé il segno dell’incapacità di un intero ceto dirigente). Ha preso a modello la scelta della destra, che pur sconfitta ha mantenuto il proprio leader e si è riorganizzata per vincere (come se si potessero fare paragoni con una coalizione politica retta da un monarca). Ha promesso che mai più ripeterà l’errore di allearsi con le altre formazioni di sinistra, (evidentemente sicuro di arrivare da solo al 51%, magari dopo il secondo mandato di Berlusconi al Quirinale, e dimentico del fatto che i primi a indebolire il governo Prodi, dall’indulto in poi, sono stati proprio i dirigenti dei Ds). Ha chiamato a modello perfino Zapatero (come se la nomina di quel giovane leader, peraltro piuttosto demonizzato dai “riformisti” di casa nostra, alla guida del partito socialista spagnolo non fosse conseguente alla precedente sconfitta elettorale). Ci ha accusati di “tafazzismo”, cioé di spirito autolesionista, e di esprimere posizioni isolate, proprie della “simpatica famiglia” del Conte Ugolino, abituata a mangiare i suoi figli (come se la nostra indignazione e non la loro subalternità fosse la causa della resa al berlusconismo).

Insomma il Veltroni di sempre: uno dei Piccoli Vampiri dell’oligarchia di sinistra, che da troppi anni succhiano il sangue di una “base” ormai ridotta a una platea di attempati fedelissimi. Proprio come Fassino, di elettori come noi, documentati e critici, che da tempo hanno capito che il successo della destra più infame d’Europa è il prodotto della ignavia della sinistra più stupida del mondo, ne fa volentieri a meno.
Sotto i tendoni delle “feste democratiche”, versione ridotta delle convention azzurre, quelli che la pensano come noi sembrano isolati. I Piccoli Vampiri - finché dura la fiction - hanno interesse a rappresentarci così. Non sanno o fingono di non sapere quanti siamo, fuori dal tendone, a non poterne più.

16 settembre, 2008 15:58  
Anonymous Anonimo said...

DAL SITO DI SABINA GUZZANTI:

responso
Inserito da sabinaguzzanti il Ven, 12/09/2008 - 23:49allora ho parlato con l'avvocato e a quanto pare il reato di vilipendio al papa di fatto non esiste. i patti lateranensi firmati da mussolini sono stati aggiornati da craxi e nella sua versione l'articolo che equipara il papa al pres della rep non c'è e va quindi inteso come abolito.

inoltre è stato pure abolito un articolo riguardo all'offesa di un capo straniero. perchè questa montatura dunque? tutti a scrivere, punibile da uno a cinque anni, quando con ogni probabilità è un'accusa che non va da nessuna parte?

sicuramente lo scopo principale è scoraggiare altri a seguire il mio esempio ma leggendovi non mi sembra che abbia sortito questo effetto.

16 settembre, 2008 16:31  

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